Lettera alla madre

Metto la pece
al fasciame

procuro buoni remi
e una robusta vela

e quando posso
mi trascino
a forti bracciate

seguo le stelle
con lo sguardo primitivo
a incontrare
ogni impossibile

le sacre stelle
della volta celeste

così
ritrovo la nostra isola

resti colati a picco
negli abissi del mare
di un antico vulcano
che ancora ribolle
sopra il fuoco della terra

una mezzaluna di lava
fragile a frantumarsi

una terra primigenia
dove per sempre
mi portasti nel grembo

e poi per spiagge
a scavare pozzi d’acqua
e raccogliere conchiglie rosse

una terra
dove venni a nascondere
l’amore

su una terra dove
sono nati gl Dei
non si affretta il piacere

e intorno tutto sul mare
è un ribollio di luce
e barche sparse
intente alla pesca

questo mare
dove si estendono le lontananze

la vita invisibile
che fa vivere
fa partire e ritornare

la casa fu
tagliata
di pietra vulcanica

ed è oltre ogni agire
oltre la soglia del pensiero

oltre il silenzio
che dirupa
nella disperazione
dell’impotenza umana

della mancanza inesorabile

sulle carte nautiche
trovai solo
la presenza
del tempo

unica rotta fu
la memoria

le voci che mancano
e il vuoto
che riempiono
i miei naufragi

per scrivere versi
all’altrove

per amare sempre di più

Tra linee d’ombre
di rocce primigenie

illusioni
che nascosi

sono ritornato

per essere abbracciato
con tutte le forze
da chi

da qualcuno che mi attende
nella ormai casa vuota
di larghe stanze sulla spiaggia

dove la luce domina
e il vento che entra dagli Infissi
ora solo le riempie

non è la morte che separa
Madre cosa non ho dimenticato

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