De Luca, riflessioni sul pensiero di Russell e sulla via per la vera felicità

Bertrand Russell, gli autunni della filosofia al Liceo Denza di Napoli.

Pensando a Pasolini intellettuale e filosofo: ho sempre il suo pensiero presente. Sono un uomo che ha letto i classici, sempre li leggo e li porto con me. Diciamo che sono una strada importante da percorrere.

Sono uno che raccoglie l’uva e fa il vino. Amo contemplare il sole sul mare e i paesaggi della terra. Amo pensare all’origine delle cose. Amo la parola. E l’amore. E mi sento molto vicino all’uomo e alle sue sofferenze. E come scrisse Fernando Pessoa sono uno di quegli uomini che ridono molto, tanto quanto hanno pianto molto.

Quindi di questo mondo creato dalla violenza, dalla necessità del consumo, dalla volgarità, dalla fretta di arrivare, un mondo che non si dà dignità ed etica, che guarda agli interessi di pochi a sfavore della stragrande maggioranza dei popoli della terra, non so che farmene. Anzi lo schifo. Lo detesto. Lo combatto. Gli sto lontano. Perché anche la lontananza a volte è rivoluzione.

Questi ideali pasoliniani sono una filosofia di vita. Ed io vivo da filosofo come qualcuno dice. La filosofia è la vita, nasce dalla vita e la coinvolge. Essa porta una nuova vita. La filosofia è rigeneratrice e allo stesso tempo genera. Genera l’uomo. Senza filosofia l’uomo col tempo è destinato a scomparire. La filosofia è una forma di pratica rivoluzionaria perché mette in discussione l’essere ovvio, e porta il pensiero alla sua radice.

Il potere ha paura della filosofia e a maggior motivo dei filosofi così come dei poeti. Come un albero per essere sano e bello ha bisogno di buone radici, così è la vita. La filosofia mette alla vita buone e sane radici per raccogliere virtù e una sana etica di convivenza.

Della filosofia come ogni anno, l’autunno mi porta ricordi dolci che mi fanno stare bene, e arricchiscono la mia sete conoscitiva. Anche perché sento che da sempre ho una innata propensione a questa arte di scrutare il pensiero.

La memoria di ogni autunno mi riporta agli anni giovanili favolosi del Liceo a Napoli. Finiva l’estate a Ponza e il ritorno a scuola non poteva essere sempre allegro. Soprattutto se poi la scuola aveva una certa severità ed era abbastanza impegnativa. Era il Liceo Classico Francesco Denza dei Padri Barnabiti a Napoli. Ma in quel frastuono di fine estate, triste e malinconico, qualcosa mi dava conforto ed entusiasmo per tornare a scuola.

Ritornare a Napoli. Riprendere a tradurre dal latino, la poesia greca, e riprendere gli studi di filosofia con le infinite disquisizioni che duravano ore, giorni e mesi. I profumi e i paesaggi dell’autunno nella Posillipo virgiliana e gli studi di filosofia sono rimasti nella memoria. E ogni anno le stagioni di adesso si presentano come le stagioni di allora. Quasi a camminare insieme io, la poesia e la filosofia.

Si perché la scuola dei Barnabiti prevedeva la presenza della filosofia ovunque. Tutta la vita di quei giorni era un continuo filosofare. Pensare e pensare sempre in ogni ora del giorno, per ogni materia di studio, per ogni cosa che accadeva o potesse accadere. L’ idea veniva prima di ogni azione.

Il linguaggio esistenziale prevedeva il pensiero primario. In questi tempi che il mondo vive momenti difficili e di sofferenza, voglio pensare al filosofo inglese Bertrand Russell. Il filosofo che molto ha condizionato la filosofia del secondo novecento.

Soprattutto in filosofi come Noam Chomsky, Karl Popper e Piergiorgio Odifreddi e non solo. Noam Chomsky è tuttora un mio illustre intellettuale di riferimento. Un maestro di vita al pari di Zygmunt Bauman, di Albert Camus e di Jean Paul Sartre. Spero che viva ancora tanto perché il mondo ha bisogno di Noam Chomsky vivo.

Russell sposò la causa pacifista, si schierò apertamente contro la guerra in Vietnam e tutte le guerre, e ogni totalitarismo. Non fu tenero assolutamente con il comunismo sovietico e la Cina di Mao, dove a lungo aveva viaggiato. E in economia sposò le teorie di John Maynard Keynes. Teorie al contrario di quelle dominanti oggi. Teorie che tanti disastri stanno combinando nel mondo.

Bertrand Russell fu un liberal socialista, sempre molto critico nei riguardi delle religioni ed in particolar modo del cristianesimo e delle religioni monoteiste. Andò anche in galera varie volte per le sue critiche al mondo del potere cattolico. Al mondo di una vita di rassegnazione.

Scrivere di Russell filosofo non è un compito facile e ci vuole ben altra conoscenza che non ho né mi compete. Voglio parlare di Russell in alcuni suoi interventi pubblici che in questo momento penso siano più attuali che mai. Analisi russelliana in cui la preoccupazione è sempre l’uomo e il suo destino, la strada da percorrere.

Così scrisse Bertrand Russell: “Tre passioni, semplici ma straordinariamente forti, hanno governato la mia vita: la sete d’amore, la ricerca della conoscenza, e una struggente compassione per le sofferenze dell’umanità. Queste passioni, come venti possenti, mi hanno spinto ora qua ora là, in un volo capriccioso, facendomi vagare sopra un profondo oceano di angoscia, fino a che ho raggiunto il limite estremo della disperazione. Ho cercato l’amore, soprattutto perché l’amore è estasi, un’estasi talmente grande che spesso sarei stato pronto a sacrificare il resto della mia vita in cambio di poche ore di tale gioia. E poi l’ho cercato perché mitiga la solitudine, quella terribile solitudine nella quale una coscienza tremante vede, al di là dei confini del mondo, il freddo e tenebroso abisso senza vita. E infine l’ho cercato perché nel congiungimento d’amore ho visto, come in una mistica miniatura, la visione che prefigura quello stesso paradiso che hanno immaginato di vedere i santi e i poeti. Questo è quello che ho cercato, e, sebbene possa sembrare troppo per la vita umana, questo è ciò che, alla fine, ho trovato. Con eguale passione ho cercato la conoscenza. Ho desiderato comprendere i sentimenti degli uomini. Ho desiderato sapere perché le stelle brillano e ho tentato di afferrare la regola pitagorica che esprime numericamente ogni cambiamento nell’eterno fluire delle cose. I miei desideri in questo senso sono stati esauditi, ma solo in piccola parte. L’amore e la conoscenza, per quanto mi è stato dato di goderne, mi hanno sollevato fino a toccare il paradiso. Ma, ogni volta, la pietà mi ha ricondotto sulla terra. L’eco delle grida di dolore risuonavano nel mio cuore. Bambini affamati, vittime torturate dai loro oppressori, anziani indifesi considerati un odioso fardello dai loro figli; e tutta la solitudine, la povertà e il dolore, si facevano beffa di ciò che la vita umana avrebbe dovuto essere. Desidero fortemente alleviare i mali del mondo, ma non posso farlo e ne soffro. Questa è la mia vita. L’ho trovata degna di essere vissuta, e, se ne avessi la possibilità, sarei felice di viverla di nuovo”.

In uno dei suoi libri sulla felicità Russel traccia poi accurate analisi sull’uomo di questa civiltà, tentando delle risposte. Perché in questa società del benessere e della rassegnazione l’uomo è preso da una inconsapevole infelicità, quando già non è consapevole. La competizione, la noia e l’eccitamento, la fatica, l’invidia, il senso di colpa, la mania di persecuzione e la paura dell’opinione pubblica. Queste sono argomentazioni che Russell indica all’uomo per liberarsi dai cappi del sistema dominante.

Russell è precursore dei tempi che viviamo e suggerisce soluzioni. L’uomo deve imparare a non aver paura per avere una esistenza meno faticosa.

Russell conclude il saggio sulla felicità con queste parole: “L’uomo felice è colui che non soffre di alcuna di queste mancanze di unità e la cui personalità non è né in contrasto con se stessa, né in contrasto con il mondo. Un uomo siffatto si sente cittadino dell’universo, gode liberamente dello spettacolo che offre e delle gioie che arreca, non turbato dal pensiero della morte, perché non si sente realmente separato da coloro che verranno dopo di lui. È in questa profonda unione istintiva con la corrente della vita che si trova la massima gioia”.

Trovare l’amore per le passioni, per l’uomo, per l’altro. Non essere individui isolati ma membri di una grande comunità senza meschinità ed egoismi. Russell libera la religiosità dai lacci delle religioni totalitarie e la consegna libera e laica all’uomo affinché viva meglio. Una religiosità che appartiene a tutti.

Russel ha ispirato una nuova religiosità, un nuovo ateismo. Un uomo che cerca il suo essere libero. Solo per essere più felice. Tutti dovremmo sapere più di filosofia, e meno di barbarie dominanti. Seguire il consiglio di Aristotele quando dice che bisogna comportarsi da immortali e vivere secondo la parte più nobile che è in noi. Il contrario: rischiamo l’annientamento.

In un trattato sui principi di riforma sociale Russell scrive: “Gli uomini temono il pensiero più di ogni altra cosa al mondo più di una rovina o della morte stessa. Il pensiero è rivoluzionario e terribile, non guarda ai privilegi, alle istituzioni stabilite. Il pensiero è senza legge, indipendente dall’autorità e dalla saggezza degli anni. Il pensiero può guardare nel fondo degli abissi e non avere timore. Il pensiero è grande e acuto e libero, è la luce del mondo, la più grande gloria dell’uomo. Se il pensiero non è bene di molti ma privilegio di pochi, lo dobbiamo alla paura. È la paura che limita gli uomini, paura che le loro amate credenze si rivelino delle illusioni, paura che le istituzioni con cui vivono si dimostrino dannose”.

Bertrand Russell oltre ad essere un grande filosofo è un maestro di vita. Va seguito.

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