Jean-Claude Izzo

Jean-Claude Izzo (Marsiglia 20 giugno 1945 – Marsiglia 26 gennaio 2000) è uno scrittore e poeta nato a Marsiglia e in questa città ha sempre vissuto e scritto; pochi libri, purtroppo, la sua vita è stata breve, ma ha dato tantissimo sia alla cultura francese che – soprattutto! – a quella mediterranea, tanto a essere riconosciuto universalmente come nume e icona di una letteratura tra mare, porti e cultura multirazziale; il tutto condensato nella formula del noir-mediterraneo da lui inventato. Insieme, è ricordato per la sua grande umanità, nata e plasmata in quella Marsiglia multietnica dai 60 diversi idiomi.
Nato da padre campano e madre spagnola nella Marsiglia degli anni 1940 – una città che accoglieva la gente del grande bacino del Mediterraneo, dal mar Nero fino alle coste occidentali dell’Africa, con una cospicua emigrazione anche dall’isola di Ponza – si dedicò con successo al commercio della pesca.
Marsiglia è la seconda città della Francia, il suo porto è il più grande del Mediterraneo e sicuramente tra i più importanti, lungo circa 40 chilometri. Nonostante la presenza del Fronte Nazionale, essa ha saputo dare al miscuglio di popoli che l’abitavano avvenire sociale, economico e culturale.
Izzo vive in questa Marsiglia la sua infanzia, lì avviene la sua crescita esistenziale e umana, tra i vicoli dei quartieri poveri della città, dove tutto costa poco e la gente si ammassa per sopravvivere, inventandosi tutti i mestieri. Lui stesso dirà che le persone ‘si volevano bene’ e c’era una grande umanità e aiuto reciproco; le differenze di religioni, che pure erano presenti, non interferivano più di tanto nei rapporti umani e quasi si sentivano …

Nei suoi racconti o interviste ho letto e sentito spesso molte similitudini con le mie passeggiate nella Napoli degli anni ’70 per i quartieri spagnoli; lui stesso dirà che Napoli è la sua seconda città. Ma soprattutto mi ritornano echi delle sue parole nei ricordi della mia/nostra infanzia a Ponza, del grande cuore mediterraneo che l’isola è stata in altri tempi… Dove per marine e vicoli, sotto gli occhi vigili, solo apparentemente distratti, di nonne e madri – di tutta la gente dell’isola, in realtà – si viveva e cresceva mai soli, accomunati a tutti i bambini del bacino mediterraneo; noi come i bambini di Marsiglia di Izzo ma anche come quelli di Istanbul, Algeri, Beirut Tunisi Barcellona.
Questo, Izzo ha esplorato nella sua breve ma intensa opera letteraria.
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A Barcellona in un concerto del poeta-cantante Joan Manuel Serrat , il prima di intonare con la sua rauca voce catalana Mediterraneo, ho sentito dire che Izzo era lì, proprio in quel momento, con lui sul palco.

La canzone di Joan Manuel Serrat (1971), nella traduzione di Gino Paoli (in sovrimpressione
L’anno scorso parlando col filosofo Predrag Matvejevic ad una presentazione del suo ultimo libro Pane nostrum (2010), a proposito di similitudini tra Ponza e Marsiglia, la sua voce e i suoi occhi hanno cambiato espressione quando abbiamo parlato di Izzo, che lui ha conosciuto e amato. Come Izzo – anche se in un campo e con espressioni diverse – Matvejevic è il grande filosofo-maestro del Mediterraneo.
Jean-Claude Izzo ha scritto una trilogia di noir (Casino totale, Chourmo, Solea), poi si è cimentato con tre grandi romanzi, a mio avviso molto esistenzialisti (riteneva Camus suo interlocutore): Il sole dei morenti, Marinai perduti e la bellissima raccolta di storie di Vivere stanca.
Il mio primo viaggio a Marsiglia è avvenuto nel 2007 proprio dopo aver letto Vivere stanca; ed è stato proprio camminando per i suoi quartieri popolari e per il vecchio porto – nei bar e nelle trattorie da lui frequentate e dove ha ambientato tutta la sua letteratura, – che ho incontrato i ‘suoi’ personaggi, struggenti e universali, che di Marsiglia fanno la ‘città simbolo’ di tutta la cultura mediterranea.
Una sera mi sono trovato per caso a cena da persone che non conoscevo, ed ho visto al muro una foto di Ponza e di un vecchio ponzese: Silverio Coppa, contadino, tra i terrazzamenti del Fieno col suo asino. Quella foto, lì, era di una irrealtà e improbabilità tali da sembrare uno scherzo. Il padrone di casa – si chiamava Pierre – mi ha detto che era stata fatta dal padre, fotografo e naturalista, che aveva conosciuto dei marsigliesi di Ponza e da questi era stato invitato a visitare l’isola.
Siamo diventati amici e la sera dopo mi ha portato a cena in un vecchio quartiere di pescatori. Abbiamo mangiato pasta e patate e zeri (piccoli rotondi) fritti; mi sembrava di stare a casa dei miei vecchi nonni… La commozione è stata tale che neanche la bellezza e il fascino della proprietaria del ristorante (…che ancora ricordo, però), mi ha distolto dal vivere con trasporto quasi ‘mistico’ ciò che mi accadeva intorno e dentro …Ero nella Marsiglia di Izzo, nel mio Mediterraneo ancestrale! Cosa potevo chiedere di più a un viaggio!
Izzo ha detto che Marsiglia non è una città per turisti! Non c’è niente da vedere né da fotografare, tutto da condividere. Qui bisogna schierarsi, appassionarsi, essere a favore o contro, ma violentemente ‘essere’! Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere. Penso che questo sia una dichiarazione d’amore assoluto alla sua città; forse ad una donna noi a volte diciamo queste parole… Lui stesso dice che in momenti di tristezza se ne va in giro per la città a perdersi negli occhi delle sue donne… Ma l’intera sua opera è un testamento di un grande della letteratura mediterranea.
Un altro libro di Izzo è ‘Aglio, Menta e Basilico’ con una intensa presentazione di Massimo Carlotto. (da dire che non nasce come libro a sé, scritto da Izzo, è un insieme di suoi pezzi sparsi, raccolti da Carlotto) Questo libro lo porto spesso nei miei viaggi, insieme a quello di Jose Saramago L’anno della morte di Ricardo Reis e Breviario Mediterraneo di Matvejevic.
Questo libro è tutto su Marsiglia. Oltre al suo grande amore per la città, qui Izzo rivela la sua passione politica e il racconto non perde mai quel faro della cultura solidale, maturata negli anni dell’infanzia; ma dobbiamo dire che tutta la sua famiglia lo ha educato a questa grande laica religiosità e al rispetto per tutte le anime, soprattutto per i sofferenti, les déshérité, avventurieri, puttane, marinai sfortunati e solitari; tutti quelli che non hanno niente se non un barlume di speranza e a volte neanche più quello. Izzo, da ateo qual’era, a mio avviso porta il concetto di abbraccio universale ai livelli del cristianesimo delle origini, lui che era ateo alla più alta vetta che la mente possa concepire.
Nel libro di cui si sta trattando Izzo parla anche dei suoi viaggi attraverso il Mediterraneo, città e isole; ne fa un unico linguaggio, un unico atto d’amore, una possibile felicità, un piacere di vivere. Egli da Marsiglia guarda il mondo come i grandi, anche Pessoa da Lisbona guardava il mondo, anche noi dal nostro piccolo guardiamo il mondo, ma loro, i grandi, al loro mondo non mettono confini perché danno al mondo un’anima e un pensiero. Al di là dell’orizzonte, Izzo ha il piacere di assaporare il mondo intero. Nel libro si trovano interessanti rimandi ad Albert Camus e alla tragedia greca con approfondite argomentazi sulle attuali tragedie mediterranee. Ma Marsiglia è al centro del suo cuore, la porta dell’esilio mediterraneo, dove il pane, un pezzo di pane, qui il grande Matvejevic fa scuola, è da dividere con tutti. Izzo dice che se Parigi è un attrazione, Marsiglia è un passaporto, e non ha bisogno l’anima anch’essa di un passaporto per guardare altrove, egli fa della città la sua morale, la porta aperta sul mondo sugli altri, una porta che deve rimanere sempre aperta.
Il libro poi è anche un luogo di sapori e ricordi. Chi di noi non ha nel suo immaginario i profumi e gli odori di viaggi nella propria esistenza, torniamo agli odori di cucinato che sentivamo nei ritorni da scuola tra i vicoli e le case; intorno a quelle tavole nascevano sentimenti e amicizie, dignità e amore. I profumi danno personalità alle case, alle famiglie e ne fanno storia e letteratura.
Izzo dice che quando viaggia, la prima cosa che fa va nei mercati per sentire il luogo la città, e questi mercati hanno il sapore di tutto il mondo. Quando stavo a Buenos Aires la domenica la nonna di Jael mi faceva il ragù con le braciole e la parmigiana, mi sedevo a tavola come se stessi a Napoli in una famiglia allargata. Jael sapeva come farsi amare o conosceva il magico filtro dell’amore.
Louis Brauquier nei Cahiers du Sud, che Izzo cita, dice: “Si rimescolino le nostre rive ancora e sempre e non abbiano frontiere, e questo è uno dei tanti messaggi della letteratura di Jean-Claude Izzo.
Marsiglia si sa dare a chi sa amarla, Marsiglia è un mito e solo questo c’è da sposare. L’autore va nel vecchio quartiere del Panier, sente palpitare il cuore della città, della sua città, come davanti ad una donna di cui si è innamorati per sempre, il Panier che parla le lingue del mondo, le lingue degli esili, qui Izzo ci lascia la sua universale testimonianza, ancora una volta citando Camus esule ad Algeri: – “Sono spesso amori segreti quelli che dividiamo con una città”.
E ancora, lo stesso Izzo ci dice che più si va in fondo alle cose e più la differenza tra felicità e infelicità si attenua. Per lui questo accade quando beve il suo bicchiere di vino e si perde nella sua Marsiglia tra osterie, musica Jazz, odori e immancabili, gli occhi delle sue donne; che poi sono tutte le donne di questo Mediterraneo.
E non sono gli occhi e le bocche dell’amore le porte del mondo?
Grazie Jean-Claude.